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giovedì 5 gennaio 2012

La democrazia interna nel movimento di Grillo

E dopo 5 mesi mi tocca parlare di lui: Beppe Grillo. Finora avevo evitato saggiamente di parlarne per non scatenare l'ira dei grillini della rete, però dopo l'ultima sua uscita un commento è inevitabile.

Premessa sulla vicenda: il capogruppo del Movimento 5 Stelle nel consiglio regionale dell'Emilia Romagna, tale Andrea Defranceschi, deposita una risoluzione in cui si chiede un intervento per non chiudere L'Unità in cui si chiede alla Regione (cito):
"di attivarsi affinché vengano salvaguardati gli attuali posti di lavoro e le professionalità da questi rappresentate ricorrendo a tutti gli strumenti utili."
Una richiesta ragionevole per chi vuole difendere i lavoratori e vuole essere loro vicino in un momento di difficoltà, ma non per Grillo; infatti, tra i punti cardine del suo programma, c'è l'abolizione dei finanziamenti pubblici alla carta stampata, quindi sarebbe molto contento se chiudesse un giornale ostile a questo suo punto programmatico. Ed è qui che inizia la discussione, perché il comico attacca ferocemente il consigliere regionale dicendo:
"Il 2012 non sarà del tutto negativo. Porterà in dono anche la chiusura di molti giornali finanziati con soldi pubblici, veri cani da guardia dei partiti. [...] Se qualche esponente del Movimento 5 Stelle la pensa diversamente non è un problema. Il Pdmenoelle lo accoglierà subito tra le sue braccia."
Insomma un attacco duro verso chi, e sono parole sue, non è il capo del Movimento. Invece questo comportamento, agli occhi di chi non ne fa parte, sembra proprio quello di un capo-padrone: se non la pensi esattamente come lui devi andare con gli altri (manco fossimo sull'isola di Lost).

Quello che Grillo e i vari membri del Movimento devono ancora capire è che la politica è contraddittorio tra chi, pur facendo parte dello stesso partito e dello stesso movimento, non la pensa esattamente come te: il signor Defranceschi con ogni probabilità la pensa come Grillo sul finanziamento pubblico ai giornali, cioè è contrario a dare soldi pubblici alle testate giornalistiche, ma vuole trovare un modo per non far perdere un posto di lavoro in una situazione economica difficile. Invece per il buon Grillo devono andare tutti a casa e anzi meglio così, c'è un giornale in meno che ci attacca.

La politica non è solo bianco e solo nero, ma è in toni di grigio: ci sono certe situazioni al limite in cui bisogna considerare caso per caso e non fare di tutta l'erba un fascio. Grillo infatti difende fino al midollo qualsiasi lavoratore, ma se poi a perdere il lavoro sono giornalisti (che con ogni probabilità non ricevono stipendi a 4 o 5 zeri), chissene frega, sono parte del sistema come i politici, al rogo insieme a loro. Grillo deve capire che con questa strategia può prendere voti subito (come si è visto nelle tornate elettorali fin qui svolte), ma quando arrivi all'atto pratico dove bisogna avere un confronto costruttivo e non solo mandare a quel paese l'avversario, ecco che il giocattolo si rompe. Proprio come è successo in questi giorni, con i lettori del blog divisi tra chi sta con Grillo e chi con il consigliere regionale, senza trovare una soluzione condivisa.

Un'altra cosa che poi è davvero molto seccante è questo continuo riferimento dell'aver tradito il mandato degli elettori. Fino a prova contraria c'è scritto sul sito dell'Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna che:
"I Consiglieri regionali rappresentano l’intera comunità territoriale ed esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato."
Quindi il buon Defranceschi non deve dare conto a nessuno, men che meno ai suoi elettori. Se ai grillini questo non piace cambino la legge, non rompano le scatole sempre sulla volontà violata degli elettori, perché nell'ordinamento italiano non c'è scritto da nessuna parte che gli eletti in qualsiasi organo statale debbano rendere conto di quello che fanno a qualcuno (nota tecnica, ho trovato quel link in 5 secondi, poteva farlo chiunque altro. Quella che bisogna dar conto agli elettori e che si tradisce la volontà popolare è una bufala che ormai si è troppo radicata nella politica italiana).

Infine voglio dire che a me non interessa assolutamente quale sarà la sorte de L'Unità: è un giornale storico, è vero, ma se la baracca non va avanti è inutile prolungare l'agonia. Quello che voglio dire è che in certe situazioni bisogna anche tener conto delle voci discordanti, se no va a finire che invece di un movimento aperto a tutti crei solo un circolo mono-pensiero da cui non se ne esce.

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